“Il National radical camp è l’unica cosa di cui m’importa, in questo momento non ho altro. La mia vita perderebbe di significato senza”.
“È la scarica di adrenalina che provo, ciò che mi piace di più”.
Queste sono alcune delle parole, pronunciate da una ragazza adolescente, estratte da “Pretty radicals: inside Poland’s far right”, un documentario che tratta il tema dei campi di addestramento in Polonia, realizzati dall’estrema destra e rivolti a minori, anche di sesso femminile, addestrati all’uso delle armi in un’ottica ultra-nazionalista.
In Ucraina, attualmente, sta accadendo qualcosa simile: sono stati creati campi di addestramento, organizzati da partiti ultra-nazionalisti, esemplificativi di un fenomeno allarmante, che si sta diffondendo in sordina, nel cuore dell’Europa.
L’agenzia di stampa Associated Press, in un interessante reportage sul tema, rilanciato da Fox News il 12 novembre 2018, fornisce una descrizione accurata di un campo estivo ultra-nazionalista, un campo nascosto in un’area boschiva dell’Ucraina occidentale. Il campo avrebbe due scopi, secondo l’agenzia di stampa: addestrare i minori a difendere il paese dai russi e dai loro simpatizzanti, e diffondere l’ideologia nazionalista. Sempre secondo la stessa fonte, all’inizio dell’anno, il Ministero della Gioventù e dello Sport avrebbe stanziato quattro milioni di Grivnie, circa centocinquantamila Dollari, per finanziare alcuni dei campi giovanili ultra-nazionalisti presenti in Ucraina. Lo scopo, secondo il Ministero, sarebbe legato all’educazione patriottica nazionale.
In Ungheria, successivamente all’elezione del primo ministro di destra Viktor Orbán, c’è stato un aumento del numero di programmi di addestramento militare rivolti a minori delle scuole superiori, che secondo il Governo dovrebbero rendere gli studenti “più patriottici”. Questo è quanto viene riportato in un articolo del 27 luglio 2019 pubblicato sul Guardian. Su tale tema, il fotografo Matè Bartha, trascorrendo diciotto mesi in campi di addestramento estivi, realizzati nelle aree rurali dell’Ungheria, ha realizzato una serie fotografica intitolata “Kontakt”, attraverso la quale egli è riuscito a catturare la rigorosa disciplina e il cameratismo dei campi, dove soggiornano minori di età compresa tra i dieci e i diciotto anni. Alcune delle sue dichiarazioni, riportate nell’intervista, sono allarmanti: “Questi giovani vengono addestrati a sparare e a uccidere, vivono in un paese in cui l’altro viene costantemente demonizzato e considerato come nemico, e in cui un primo ministro ultra nazionalista ha descritto i rifugiati con l’appellativo di invasori musulmani”.
L’articolo riporta come l’enfasi sia posta sulla costruzione di un senso di comunità e l’addestramento militare sia considerato come una parte essenziale della sua creazione.
Sono i bambini e le bambine con le pistole, tuttavia, ad attirare maggiormente la sua attenzione: “Se dovessi rimuovere le armi” afferma il fotografo “la serie apparirebbe innocente, come se questi adolescenti stessero semplicemente frequentando un campo estivo fatto di avventure nei boschi (…). Molti genitori affermano di non essere in grado di disciplinare i propri figli. Gli organizzatori vedono questa come un’esperienza in cui i bambini possono imparare ad apprezzare una casa, dei vestiti puliti, del cibo caldo, la natura, la vita di comunità e in cui possono apprendere il valore del duro lavoro”.
L’impressione, dunque, è quella di uno scenario in cui i campi di addestramento giovanili nascano anche laddove il ruolo familiare vacilla, in società in cui le famiglie hanno difficoltà a disciplinare i propri figli, come notato dal fotografo, e in cui le vittime di questo nuovo sistema diseducativo sono non solo ragazzi, ma anche bambini, ragazze e bambine. Nell’immaginario collettivo, l’idea dell’estremismo ultranazionalista è perlopiù associata al sesso maschile: giovani rasati dall’aria minacciosa, adorni di svastiche e anfibi. Oggi, invece, sono anche le giovani adolescenti ad aderire a questi movimenti.
La volontà di approfondire questo ambito, è nata in me in concomitanza all’idea di girare “Radical camp”, un cortometraggio distopico che narra le vicende di Giulia e Laura, due adolescenti che, presa la decisione di iscriversi ad un campo estivo organizzato dal nuovo partito ultranazionalista al Governo, verranno travolte in modo imprevedibile da una realtà sconosciuta, fatta di ideologia, xenofobia ed estremismo.
Ritengo che i motivi per cui molti giovani, in particolare nell’Europa dell’Est, siano sempre più attratti da questi scenari, possano connettersi alla crisi di valori odierna, associata a quel fenomeno che può essere definito come una sorta di “livellamento” inter-generazionale. Nel campo della persuasione mediatica, che ha sempre più il potere di plasmare subdolamente le menti dei cittadini, sono spesso forniti stimoli analoghi alle diverse generazioni, tutti fondati sull’idea materialista dell’uso e del consumo, un’idea non edificante che va a costituire le basi di una società non pensante, gaudente ed edonista. In uno scenario di questo tipo, la generazione precedente perde sempre più la propria autorevolezza, molti adulti e genitori abdicano dal ruolo di guida, mettendosi sullo stesso piano dei più giovani, così che minori e adolescenti crescono senza riferimenti affettivi e culturali solidi, nella perdita di confini inter-generazionali, in una situazione che mette sempre più a repentaglio un loro sano sviluppo psichico.
Tale livellamento e caos inter-generazionale è poi connesso ad esiti di tipo sociale: sia alla fine delle contestazioni e dei movimenti di lotta giovanili sia allo sviluppo di interventi sempre più rigidi e antidemocratici, volti a recuperare l’ordine attraverso la forza, anziché attraverso processi di integrazione e sviluppo democratico.
Sono queste alcune delle caratteriste psicologiche e sociali su cui traggono linfa vitale i movimenti ultra-nazionalisti. Facilitare, attraverso uno sviluppo sociale, politico e umano, la crescita democratica dei paesi, l’acquisizione di un sistema di valori edificanti non più fondati sul consumismo, e agevolare il ripristinarsi di “confini inter-generazionali distinti”, attraverso la riacquisizione dell’autorevolezza di figure educative e genitoriali, costituirebbero passaggi necessari in un percorso di “cura” sociale e di prevenzione, volto a contrastare lo sviluppo di realtà devianti e deviate, come quelle legate all’organizzazione di campi di addestramento giovanili, che rappresentano una soluzione aberrante e pericolosa sia per la democrazia sia per la crescita psicologica di bambine, bambini, ragazzi e ragazze del nostro secolo.
Fonti:
- “Pretty Radical: Inside Poland’s Far Right” di Guardian Docs, pubblicato in The Guardian / Youtube Channel (19/01/2015).
- “Training kids to kill at Ukrainian nationalist camp” di Yuras Karmanau – Associated Press, pubblicato in in Fox Channel (12/11/2018).
- “Campfires, kisses… and rifles: inside Hungary’s army camps for kids” / “Kontakt” di Maté Bartha pubblicato in The Guardian su concessione di Tobe Gallary (27/07/2019).
- “Máté Bartha’s Kontakt – Hungary’s military summer youth camps” di Sean O’Hagan, pubblicato in The Guardian (27/07/2019).
Copertina: Un’immagine in anteprima dal cortometraggio “Radical camp” scritto e diretto da Sara Reginella