Per comprendere un sintomo, occorre conoscere il sistema entro cui esso si esprime.
Allo stesso modo, per comprendere un conflitto, dovremmo conoscere il contesto in cui esso esso stesso si inserisce.
Con l’invito a uscire dalla logica da stadio che porta all’odio e ci allontana dalla vicinanza che dovremmo avere verso qualsiasi popolo che soffre, oggi come ieri, pongo alcune domande.
Cosa passava nelle menti della maggioranza degli occidentali, quando otto anni fa, a Kiev, in Ucraina, i palazzi governativi venivano assaltati e le bandiere europee sventolavano accanto a quelle neonaziste rossonere di pravi sektor?
Cosa pensavano le persone in Occidente, quando in questi otto anni la popolazione del Donbass, ribellatasi a una rinascita neonazista con un referendum, subiva la mattanza ad opera di battaglioni punitivi neonazisti come l’Azov, l’Aidar o il Dnepr 2?
E a cos’altro pensavano quelle stesse menti quando gli accordi di Minsk non venivano rispettati o quando la Federazione Russa chiedeva, nelle ultime settimane, attraverso la diplomazia, la fine del pericoloso accerchiamento della NATO e la cessazione dell’attività militare nelle Repubbliche ex sovietiche?
Nulla perché le persone non venivano informate.
Grazie a tutti voi che cercate di comprendere.
Il mio punto di vista nella puntata di ieri a Radio3 dal minuto 38:20.
Il resto della storia la racconto in Donbass. La guerra fantasma nel cuore d’Europa – Ed. Exòrma
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