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Sara Reginella al Milano Book Pride parla del suo libro sul Donbass

Negli ultimi giorni, ho incontrato sedicenti pacifisti che legittimano e plaudono l’invio di armi in Ucraina da parte del nostro paese.
Domando a questi pacifisti se sanno davvero cosa significhi stare in guerra.
Domando loro se hanno mai osservato lo sguardo di un’adolescente che fissa il vuoto tra le macerie, se hanno mai visto scendere le lacrime a un’anziana con la casa distrutta o se, tra edifici abbattuti, hanno mai scorto gli occhi disperati di un cane solo, perduto.
Armare un popolo “purché si uccidano tra loro”, mentre noi ce ne stiamo comodi (per ora) al computer o ci ripuliamo la coscienza sventolando bandiere colorate, non servirà a costruire un percorso di pace.
Per anni, in troppi si sono voltati dall’altra parte, mentre l’Ucraina veniva equipaggiata militarmente e il popolo del Donbass lasciato morire.
Dunque, non si può piangere per un popolo e sventolare bandiere, mentre si accetta che il proprio paese lo armi.
Questo non è pacifismo, questa è una pessima recita, questa è ipocrisia.
La soluzione diplomatica del conflitto deve essere l’unica via percorribile.
Ne ho parlato oggi, a Milano, al BookPride.
Ringrazio Greta Privitera del Corriere della Sera per aver presentato il mio reportage e quanti sono intervenuti, mostrando con la propria presenza, la vicinanza al popolo ucraino e al popolo delle regioni del Donbass.


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